Roberto il Guiscardo è Stato Qui.
IL BORGO MEDIEVALE
Roseto fu fondata come una delle città satellite di Sibari, ai tempi della Magna Grecia ma, nella sua forma odierna, nacque nel X secolo d.C., quando venne costruito il Castrum Roseto dal principe Roberto il Guiscardo, tra il 1058 e il 1085. Il paese raggiunse però il suo massimo splendore nel 1260, al tempo della costruzione del castello, il Castrum Petrae Roseti.
Fino alla fine del Quattrocento fu possedimento dei Carafa, per poi essere assegnata ai Guaragna, che dominarono sul paese fino alla prima metà del Settecento. Seguirono altre dominazioni, tra cui i Francesi e i Borboni, fino a quando fu annessa al Regno d’Italia insieme la resto della regione.
Roseto Capo Spulico non è solo mare. Basta guardare in su, sulla collina, per scoprire uno dei Borghi medievali più belli della Calabria. Racchiuso nella cinta muraria, batte il cuore pulsante di Roseto. Un Centro Storico ricco di arte, di fascino, di bellezze storiche e architettoniche e di vedute panoramiche da lasciare senza fiato. Dalla Chiesa Madre al Palazzo Baronale, dalla suggestiva Chiesetta dell’Immacolata Concezione, meglio nota come “Santo Totaro”, alla maestosità del Castrum Roseti, che ospita il Museo della Civiltà Contadina, passando per la miracolosa Fontana di S. Vitale, da cui sgorga acqua sorgiva da oltre mille anni,. Un borgo tutto da vivere. Ma non è tutto, c’è ancora molto da scoprire.
La più Antica del Borgo
CHIESA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
Risale ad epoca medievale (1400-1500). Sulla facciata conserva i resti di un antico sarcofago raffigurante un vescovo che probabilmente aveva eletto il proprio domicilio a Roseto.
Tale sarcofago, secondo lo storico D’Ippolito (1932) risale al XIII secolo. Sempre sulla facciata a sinistra del sarcofago sono raffigurati in basso rilievo due angioletti che reggono un’epigrafe sulla quale oggi non si intravede bene la scritta, ma fino a qualche decennio fa si notava il nome della famiglia Italiano e quindi doveva essere il coperchio della tomba di un bambino di quella famiglia.
Le tele della scuola napoletana rinvenute in questa cappella abbandonate sono tuttora restaurate ed esposte nella Chisa Madre di S. Nicola di Bari.
Vi è rimasta solo la bellissima statua in legno massiccio dell’Immacolata Concezione. Sulle pareti sono apparsi durante i lavori di restuaro alcuni affreschi riportanti scene della vita dei santi ed una crocifissione.
Evidentemente, erano stati coperti con la calce bianca da Musulmani Arabi che avevano assediato il borgo e, occupando la chiesa, ne avevano ricoperte tutte le immagini cristiane.
Sempre durante i lavori di restauro sono state scoperte una serie di ossa nella cripta sottostante a riconferma che prima del editto napoleonico di Saint Cloud che istituiva i cimiteri, i morti, almeno quelli che si ritenevano più nobili, venivano seppelliti sotto le chiese.
La Chiesa del Santo Patrono
LA CHIESA DI SAN NICOLA DI MIRA
Sorge sullo stesso sito di un antico monastero basiliano risalente al periodo tra il XIII e il XIV secolo.
L’attuale costruzione conserva ancora le celle di quel monastero al piano di sotto. Non a caso la zona si chiama “La Cella”.
E’ stata più volte restaurata e dai documenti risulta che nel 1888 con un sussidio del Regio Economato di L 3.165 fu ricostruita nel tetto.
Dal documento del parroco Don Prospero Salerno, che consegnò la chiesa al nipote Don Giuseppe Salerno risulta un elenco degli arredi sacri di cui detta chiesa disponeva.
Tale documento risale al 1914. Risulta altresì che il campanile cadde perché colpito da un fulmine.
Un incendio nella casa del prete, Don Prospero Salerno, il 20 Settembre 1911 distrusse tutti gli incartamenti della chiesa che erano conservati nella casa di detto sacerdote.
L’ultimo restauro è avvenuto negli anni ’60, seguito dal rifacimento del tetto e del pavimento negli anni ’80.
Roseto conserva in questa chiesa varie statue tra cui quella di San Nicola di Bari (di Mira) cui la chiesa stessa è intitolata. Sul perché sia intitolata a tale Santo ci sono varie ipotesi; la più suggestiva è nel fatto che il Santo fu uno dei primi possessori del Sacro Graal di cui si serviva per vari miracoli.
Il Castello sul mare riattivato nella forma attuale da Federico II, ha diversi riferimenti nella pianta trapezoidale e nei nomi delle contrade che lo circondano oltre che nei segni esoterici, con il passaggio della preziosa reliquia dal maniero stesso che è sempre stato il punto di riferimento della Civitas Rosarum e prima ancora della porta della pietra di Roseto.
Sono conservate in questa chiesa alcune pregevoli tele della famosa scuola napoletana che sono state rinvenute abbandonate nella Chiesa dell’Immacolata Concezione ed opportunamente restaurate con finanziamenti del Comune di Roseto Capo Spulico e della Comunità Montana dell’Alto Jonio.
Tra queste opere c’è un lavoro del famoso pittore amendolarese, emigrato in argentina ove divenne uno dei più famosi artisti dell’America Latina Sassone.
L'Acqua ``Miracolosa``
LA FONTANA DI SAN VITALE
San Vitale, monaco basiliano di Enna, non si fermò solo alla Pietra del Castello sul mare dove edificò un piccolo luogo di culto cristiano in sostituzione del Tempio pagano dedicato a Venere; si inoltrò sulla collina dove, aveva saputo, vivevano i rosetani dediti a violenze, bestemmie e ladroneggi.
Costruì sul luogo una cappella ed a fianco una fontana che si dice fosse di acqua salutifera per gli ammalati.
Domenico Martire ne parla a proposito in “Calabria Sacra e Profana” del 1806.
L’acqua di questa fontana al di là della credenza religiosa, ancora oggi dopo oltre mille anni sgorga con un filo di liquido che, come si vede dalla fotografia, dovrebbe esaurirsi durante i le grandi siccità dei mesi estivi.
Ebbene, mentre sorgenti con sostanziosa portata a luglio-agosto spesso rimangono a secco nel territorio di Roseto, quel filo d’acqua della Fontana di San Vitale continua a scorrere senza sosta.
Si narra che fino agli anni sessanta, quando i contadini non avevano dove abbeverare gli animali, buoi, asini, capre, li portavano alla fontana di San Vitale dove trovavano abbastanza acqua per dissetarsi…
La Dimora del Barone
PALAZZO MAZZARIO
Costruito nel 1821, il Palazzo Barone o Mazzario, fu edificato da maestranze locali che col passa mano portavano le pietre dal sottostante torrente fino al luogo dell’edificazione.
Fu proprietà di varie famiglie Baronali, dai Collice ai Ferrari fino ai Mazzario. E’ stato fino al 1957, data in cui fu avvolto da un grosso incendio, sede del municipio e delle scuole elementari.
Tra i personaggi che vi abitarono ricorderemo il figlio del Mazzario che fu rapito dai briganti nella contrada Caprara dove i baroni avevano una grande tenuta e portato nel bosco di straface della vicina Amendolara ove rimase prigioniero fino al punto di rischiare la morte.
La lunga prigionia fu dettata soprattutto dal fatto che i briganti estorcevano periodicamente grandi quantitativi di alimenti alla famiglia del barone, diffidandolo a prestarsi per evitare l’eliminazione del loro parente.
Nicola Mazzario uno dei figli alla morte del fratello Francescantonio, uomo di alte doti e nobile d’animo, ricoprì la carica di sindaco di Roseto per parecchi anni a partire dal 1888.
Non avendo discendenti, nominò suo erede universale l’avvocato Francesco Arcieri di Nova Siri dove il barone aveva una grande tenuta, dopo avergli dato il cognome.
Ma a distanza di circa un anno questo erede muore che aveva trentanni e senza figli. Allora, il barone Nicola Mazzario decise di lasciare tutti i suoi beni ad Alessandro Mazzario nato e domiciliato a Napoli sol perché portava il suo cognome.
Questi era di professione avvocato e padre dell’ultimo barone Emilio Mazzario morto negli anni ’90.
Nel 2003 questo palazzo è stato restaurato dopo un lungo abbandono e trasformato in albergo ristorante.